Lo chiamerò Fred, perché era una sorta di imitazione di Fred Buscaglione, con l’aspirazione ad essere Clark Gable: stessi baffetti, stessa faccia da schiaffi. Al di là di questa facciata, per così dire, eroica, c’era piuttosto in lui qualcosa del Renzo Montagnani dei filmetti erotici anni Settanta o del Tognazzi di Amici miei.
Insomma, uno di quegli ometti che una volta venivano definiti di statura media, prima che la gioventù decidesse di crescere solitamente in eccesso, attestandosi al di sopra del metro e ottanta. Piuttosto atticciato, come si usava in Italia ancora nelle generazioni del medio Novecento, aveva la corporatura caratteristica di quelli che si davano un gran da fare nella dimensione erotica e supplivano alla mancanza di doti fisiche eccezionali con un insuperabile spirito d’iniziativa e con un’invidiabile faccia di bronzo.
Spiritoso, ma portato alla ripetitività, era tenacemente attaccato a tutte le gonne che passavano nel suo campo d’osservazione. Aveva un’innata capacità d’infilarsi tra le pieghe delle debolezze delle donne e di impadronirsi di una parte della loro anima. Si dice che fosse anche cultore di studi occultistici e (molto segretamente) adoratore del demonio e che questo lo aiutasse nelle sue attività più intime.
Non mi amava molto. Si riteneva superiore a me, in tante cose, e odiava il fatto che io fossi più avanti di lui in carriera. Insomma, io ero nella carriera dei laureati e lui in quella dei diplomati e per giunta amministrativi, che nel nostro settore era come una specie di segno d’inferiorità. Non sopportava che uno come lui, intelligente e fisicamente più robusto, si trovasse a doversi collocare a un livello più basso rispetto a uno scricciolo di laureato. Di conseguenza, non perdeva occasione per tentare di umiliarmi, evidenziando qualche errore formale che notava nei miei testi burocratici, ad esempio l’uso dell’apostrofo con un sostantivo maschile o l’utilizzo in unica serie di lettere maiuscole e minuscole, o sfotticchiandomi con le sue amichette per la mia poca prestanza fisica.
Malgrado tutto questo, non riuscivo ad odiarlo, perché, in fondo, mi era simpatico: un piccolo simpatico bastardo. Lo stimavo, anche, perché era un buon impiegato amministrativo, abile, furbo e privo di scrupoli, come dev’essere un buon impiegato per far sembrare che tutto nell’amministrazione funzioni nel migliore dei modi.
Un giorno accadde un fatto increscioso. L’ufficio era semideserto, forse a causa di uno sciopero o di una qualche festività. I percorsi, negli oscuri corridoi, erano scarsamente illuminati e in qualche parte del vecchio palazzo non circolava proprio nessuno, né impiegati, né visitatori.
Chissà per quale malefica ispirazione decisi di andare in bagno, in quello degli utenti, per giungere al quale bisognava percorrere una scala e arrivare fino ad un ammezzato, in cui si aprivano i vari locali di servizio. E fu lì che lo vidi, anzi che li vidi. Fred stava in piedi, di schiena, ma non era solo. Insieme a lui c’era una delle sue amiche, una cavallona di cui si raccontavano varie e notevoli prodezze erotiche e una certa qual propensione per l’alcol. Lei stava inginocchiata davanti a lui e sicuramente non gli stava cucendo un bottone dei pantaloni. Appena si accorsero che erano stati visti, i due sciolsero il gruppo e si precipitarono alla finestra più vicina.
Rimasi sconvolto. Mi ero trovato io, giovane e ingenuo, di fronte per la prima volta a una di quelle strane attività, che si fantasticava si svolgessero davvero tra umani di due opposti sessi (e anche all’interno del medesimo), una di quelle strane usanze che non avevo mai avuto occasione di sperimentare perché non praticate dalle poche donne con cui avevo avuto occasione di fare qualcosa di più che piacevoli chiacchiere.
Comunque feci finta di niente e andai oltre, fino ad uno dei servizi liberi.
Quando tornai, i due stavano ancora alla finestra, lei era tutta arrossata in volto e stava dicendo, con tono agitato, qualcosa come: “Fred, non farmelo fare più”.
Tutto sarebbe finito lì, se non mi fosse venuta l’ispirazione, anche questa decisamente infausta, di parlarne a qualcuno. In realtà ero talmente agitato che dovevo necessariamente liberarmi del peso parlandone con qualcuno. Per mia sfortuna trovai come confidente proprio una delle peggiori nemiche di Fred, una che lo avrebbe probabilmente spiccicato sul muro come uno scarafaggio, se avesse potuto (e se lui avesse maldestramente deciso di trasformarsi in uno di quegli schifosi animali). La giovane creatura in questione, che era tra l’altro una personcina piccante, che andava dicendo in giro che io le facevo il filo (cosa assolutamente priva di ogni riscontro), immediatamente gridò allo scandalo e la cosa non fu priva di conseguenze.
Insomma, la fama di quel piccolo incidente di percorso s’ingigantì, come il venticello della calunnia, e travolse Fred e la sua fiamma.
Lui fu convocato dal direttore e dapprima negò tutto decisamente, anche l’evidenza, poi cercò di avvalorare la spiegazione del bottone staccato da ricucire; alla fine cedette e dichiarò candidamente che in fondo gli uomini sono uomini, con quel che segue. Poiché ormai la storia era chiaramente incompatibile con l’incarico di gestione amministrativa del personale che Fred svolgeva da tempo, tale incombenza gli fu tolta e passò proprio a me, che non desideravo certamente occuparmi di pratiche, conteggi ferie e ordini di servizio.
Per colpa della difficile situazione venutasi a creare in ufficio, Fred finì per chiedere il trasferimento in un altro istituto, dove si dice che lavorò con impegno e fatica. Probabilmente anche a causa di questi imprevisti mutamenti nella sua vita decise infine che era forse più semplice dimettersi da essere umano, andando a raggiungere i tanti che ogni giorno trasmigrano verso un’altra invisibile dimensione.
Un giorno fu colpito da un forte mal di testa e si gettò sul letto, quasi senza conoscenza. Si risvegliò per un momento, per chiedere un pezzo di cioccolato; ma presto entrò in coma e non si riebbe più.
Quando morì, fu come se una parte del suo spirito vagasse ancora negli oscuri e austeri locali dell’istituto e, stranamente, una piccola porzione di quella parte la sentii penetrare nel mio cervello. Improvvisamente, mi invase un’oscura voglia di scherzi e giocosità e fui colto da un’insana bramosia di scandalizzare moralisti e benpensanti, di fare quello che un tempo si era soliti definire “épater les bourgeois”.
Ebbene, sì, cari amici, questa è la storia di una possessione diabolica, della trasformazione (o meglio del tentativo si trasformazione) di un essere serio e riservato in uno scriteriato privo di regole e tendenzialmente depravato, perennemente combattuto tra una natura improntata a un sicuro rigore morale e una forza oscura e trascinante, che mi conduce a rinnegare la mia precedente immagine per costruirne una forse più divertente, ma sostanzialmente negativa e addirittura disastrosa.
Lo capì molto bene una mia amica, che, notando questa repentina e inspiegabile mutazione del mio comportamento, mi disse: “Sembra che, da quando non c’è più Fred, tu lo voglia proprio sostituire in tutto”.
Insomma, l’influsso venefico dell’anima di Fred aveva liberato il mio lato oscuro e mi spingeva irrimediabilmente a seguirne le orme, indirizzandomi verso un percorso di perdizione. La mia parte buona mi portava ad applicare nel lavoro i sani principi che mi avevano guidato fino a quel momento, scegliendo le più oneste ed eque soluzioni; ma, subito dopo, un potere irrispettoso e sbeffeggiante mi sghignazzava all’orecchio, spingendomi a compiere azioni nefaste quanto immotivate, solo per il gusto dell’irrisione e dell’impertinenza.
Questa duplice estrinsecazione del mio essere, questa contraddizione sistematica, questa insopprimibile contrapposizione e perenne sovrapposizione tra un Jeckill e un Hyde, ugualmente presenti nel mio spirito, mi hanno creato, da allora, non pochi problemi.
E non posso neanche difendermi, quando mi accusano delle più turpi e inqualificabili azioni, gridando, nella più assoluta e totale disperazione, che non sono io il responsabile, ma è lui, lui che mi dirige e sovrasta, è sempre e soltanto lui: è Fred.
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