Quando scrissi Viaggio nell’odio, avevo dinanzi agli occhi un’Europa pacificata e serena, tanto che era necessario raccontare l’odio e la violenza come fiamme ancora accese in altre parti del mondo, cercando di esorcizzare un ritorno tra noi di queste forze negative. Oggi devo registrare la rinascita del male anche tra noi. Gli attentati, la guerra alle frontiere, il tentativo di una parte del mondo di rovesciare il predominio statunitense per imporre un nuovo ordine mondiale, hanno ormai avvelenato anche la nostra vecchia Europa. La violenza politica, verbale e fisica, penetra nelle menti. Ci si divide in base a vecchie contrapposizioni che non hanno più nemmeno le giustificazioni ideologiche del Novecento. Lo scontro è mero scontro economico, alimentato da ricordi, revanscismi, odi atavici. Le nuove forme di regime dispotico, da quella morbida e avvolgente preconizzata da Alexis de Tocqueville, e poi così bene rappresentata da Aldous Huxley e da Pasolini, a quella teocratica, a quelle del mondo postsovietico finiscono per apparire come dominanti e si sovrappongono alle realtà dichiaratamente dittatoriali, che non cessano comunque di esistere. E’ difficile inserirle in categorie e denominazioni novecentesche, come fascismo e comunismo. La loro origine ideologica è confusa e contraddittoria, ma gli effetti, le realizzazioni di queste nuove forme di potere sono comunque quelli di una radicalizzazione permanente, di una sempre più ampia diffusione dell’odio, dell’assenza di una reale volontà di coesistere in pace.
Fermiamo i demoni, per pietà, prima che distruggano la civiltà umana per sempre.
Odio e spy story
La storia di Belli-Reni-Wielopolski, spesso considerata secondaria, rispetto a quella del viaggio di Vanni, in Viaggio nell’odio, è invece fondamentale nella struttura del romanzo. La storia dell’agente è un vero e proprio piccolo romanzo di formazione, che ha una sua logica nel caratterizzare il testo come spy story, nell’ottica di una sorta di teoria del complotto, che coinvolgerebbe le strutture segrete che affiancano il potere, in ogni parte del mondo. La sua funzione è simile, in qualche misura, a quella delle vicende di Moosbrugger nell’Uomo senza qualità: elemento essenziale, ma non caratterizzante, che non trasforma il testo di Musil in un noir basato sulle gesta di un serial killer.
Viaggio nell’odio può comunque essere letto anche come romanzo d’azione, con qualche eco di Graham Greene o di Ellroy, considerando però che il tema fondamentale è quello dell’Italia-Argentina-Kakania, in cui l’odio continua il suo cammino, odio dei vincitori e degli sconfitti, dei rossi e dei neri, che rischia sempre di riprendere vigore, alimentato dalle forze oscure che governano il nostro mondo.