Cura dimagrante

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Si sa che spesso le mogli sono fastidiose e mordaci come le zanzare, ma nessuno ha mai progettato una piastrina antimogli, con relativo bruciatore. Non un prodotto che uccida la tua stimata consorte, per l’amor di Dio, ma che almeno la stordisca, l’addormenti quando opportuno, quando stai facendo qualcosa d’interessante e lei vuole anzi pretende che tu spenga in tre secondi il computer per andare a letto, a dormire, naturalmente, solo a dormire, oppure quando vuoi andare a trovare i tuoi amici e lei si lamenta di essere stata abbandonata tutto il pomeriggio e naturalmente, guarda un po’, sta male, si è inventata qualche disturbo per cui sarebbe opportuno che tu stessi in casa con lei, a non fare assolutamente niente. Per fortuna, ogni tanto, guardandosi allo specchio, la moglie si vede indicibilmente grassa e di conseguenza decide di andare in palestra e, ahimè, di iniziare una cura dimagrante. Il tutto risulta, è vero, abbastanza dispendioso, ma presenta almeno il vantaggio di lasciarti ogni tanto un pizzico di libertà, di quella libertà a cui tu eri così felice di rinunciare, prima di sposarti, e che ora ti sembra una sorta di sogno irrealizzabile.
Così quando mia moglie, la mia possessiva e angosciante Lorena, decise di iniziare una cura presso un centro che stava ottenendo un discreto successo presso le signore della ricca e media società, ne fui tutto sommato felice. Certo avrebbe speso un bel po’ di soldi, ma quelli alla nostra famiglia non mancavano. Magari avrebbe avuto anche un’avventura con un istruttore e mi avrebbe lasciato in pace per un po’. Le nostre discussioni al riguardo erano illuminanti.
« Voglio essere libero di uscire da solo. »
« No, tu devi uscire con me. Se c’è da andare da qualche parte, devo venire anch’io. »
« E se volessi incontrarmi con mafiosi, puttane e magnaccia? »
« Ma dai! »
« E tu che ne sai di me. Non voglio morire senza aver conosciuto il mondo. »
« Stupidaggini. »
« Io mi sento in carcere. Sono stufo di fare questa vita. »
« Tu non devi andare in giro da solo. »
« Insomma, sei una palla al piede. Una moglie non può essere una carceriera. »
« Dovresti essere contento, invece. »
« E di che cosa? »

Lei non cedeva di un millimetro. Così scattava una vecchia minaccia.
« Allora mi separo. Prendo un monolocale e vado a vivere da solo. »
« Non capisco perché te ne vuoi andare. »
« Perché mi sento in gabbia. »

In questa situazione, trovarle un impegno che la portasse qualche tempo fuori casa mi era parsa una buona idea, anche perché Lorena, anziché la classica mezz’oretta, cominciò a stare fuori per molto più tempo.
« Ma chi paga per tutte queste ore? »
« No, con l’abbonamento posso stare in palestra quanto mi pare. »
« Ah; meno male! »

Da solo potevo fare quello che volevo. All’inizio non sapevo come sfruttare la mia libertà: Poi cominciai a dedicare il tempo libero alla musica, a suonare la tastiera che lei non voleva nemmeno sentire e a telefonare ai miei amici e amiche, senza dover sentire brontolii e mugugni perché ero stato tanto al telefono e senza dover spiegare con chi avevo parlato e per cosa. Ebbi persino la possibilità di uscire, anche se per brevi periodi, perché non potevo rischiare di non farmi trovare in casa, quando lei fosse tornata dal suo amato centro.

Il racconto completo era stato pubblicato in e-book, a cura di LOPcom Editore, col titolo Il bacio della maschera bianca e altre storie inquietanti, ma non è più disponibile, in attesa di una pubblicazione in volume.

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