Senza metronomo
Sans metronome (19-11-2013)
Entrouverte – la porte – entrouverte
étonnement
let’s play our life
à rébours
à rébours
sans metronome
chanter les rides
en liberté
là hors là hors
labyrinthe de rêves
sans grammatique
tu peux tu peux
farouche
sur la roche
de ta rage
brise
égorge
dévore
adelante adelante adelante
Vento sottile (30 agosto 2014)
Era un vento sottile
nel cupo verdeggiare degli ulivi
lente stelle sparivano
nell’albeggiare livido
aderenze invisibili
sfaldandosi cristalli
pensieri che svaporano
un lampeggiante fremito schiudeva
ancora lente porte
Perché tutto continua?
Macinavano grani
a ricavarne vita
a ricamare veli
a rammendare suoni e firmamenti
per l’accogliente abisso
tu non chiedergli tregue
non chiedergli pietà
rimane solo il sogno a consolare
ogni acuta tristezza
allora e adesso bruciano le pietre
e raccontano favole
Ma a cosa serve ancora camminare
o superarsi in volo
se il troppo sole incendia le promesse
di foglie accartocciate
solo strati di cenere
si addensano sfiniti
Nel lento gioco del parlare
si radunano sillabe
per nuove carovane
nel disperato accedere
alle città di sabbia
Alba pratalia (24-10-2014)
Su – regalami un verso
per arrivare al cielo
da quest’antro di nebbie
cosparso di furore
ché non si può procedere da soli
illuminando i passi
di un giorno lento e buio
col fugace sollievo di un fiammifero
Regalami un potere
che scorra caldo e scuro
che muti suono e forma
dal piombo alla luce
alba pratalia inzaccherando cupo
bruciando col respiro
incidendo col fuoco
segni profondi e rudi
Così talvolta avviene
che un tormento diventa
pura bellezza e il gioco
si trasforma in sapienza
Talvolta è meglio (16-9-2014)
Talvolta è meglio non sapere
rimanere bambini
talvolta è meglio non vedere
e respirare piano
per non svegliare l’ombra
al di là della nebbia
talvolta è meglio rimanere muti
lasciar correre i sogni
che raccontino fiabe e desideri
che un mondo senza sole non raccoglie
Se sarai grande e forte
di un sereno sentire
potrai librarti nel chiarore grigio
che ci accompagna e fremere
regalando la musica che scorre
dalle tue mani calde
regalando il sorriso che schiarisce
questo cielo appannato
regalando la gemma che si schiude
nel bosco senza vita
Per quale colpa (15-10-2014)
Per quale colpa siamo prigionieri?
Da quale cielo esclusi
nel nostro inferno
costellati di stigmi
aspiriamo la vita lentamente
con il dorso d’insetto
verniciato di noia
assenti alla spinosa
venustà di una rosa
Non conosciamo l’aria
non odoriamo il vento
dalla finestra aperta su caverne
lastricate di sogni
ci affacciamo nel buio dell’infausto
avanzare del tempo
Fiori secchi – penombra
riposiamo le spoglie
d’intonaci scrostati
senza fuga di cani abbandonati
senza padrone
sognando falso miele
indoviniamo prati
oltre il muro al di là
e serene distese di trifogli
nutrite di farfalle
Scomposizione (13-11-2014)
Rouge foncé
le rouge grouillement
Le maglie della vita
scorrono diseguali
fremendo nelle pause
c’è del buono anche in questo?
Come scomporre il tempo per fermarlo
e spezzare il dolore
il rugginoso impero delle furie
ardente metalinfa e desiderio?
Shit and flowers
various ways of the bloom
ça suffit
only a different gate
per rovesciare un mondo
blown up – blown up
Et la bête se plonge
sur la poitrine empoisonnée
quale Horlà calerà
dal tuo cervello acceso
affollato di sogni
only dots only dots
de tranchante finesse
solo questo vedrai
mentre attendi il verdetto
Wie ein Hund!
Wie ein Hund!
Cometa (22-12-2013)
Poudre de météores
concentré de lumières
dove andremo stanotte?
Jeux d’eau – à l’écart
des cathédrales
ruisselantes
Les noces du peril
the bride
décorcelée
overglass – everglass
iterazioni
Si è dissolta quest’anno la cometa
perderemo la strada?
Et dona ferentes
Non tornerà più Cristo?
Icaro senza piume
uomini senza stelle
ohne Sterne ohne Sterne
avvelenati per divertimento
ci guardano passare
Ci porterà la luna
dove dobbiamo andare
unrevealed way
And someone called it Ison
a dream undreamed
out of time
out of space
unrevealed travel
le nozze all’ampio giro
si disciolgono – muta
l’essenza pura delle notti
Die Blume aufgeht
und zu Staub zerfällt
Sconosciuti cammini
si rivelano
ancora ancora sempre
pour inventer la vie
sacrifice éternel
Skrjabin (1-09-2013)
Per nascondere il vuoto
acquistiamo pietrisco e betoniere
cemento e sabbia e sopra
anche un po’ di letame
non si sa mai che nasca un crisantemo
e che riesca a fiorire
Dottore mi prescriva
una flebo di sogni
lo so che sono fiori
senza frutto né semi
ma l’angoscia si acquieta
e il vento non li scuote
quello che sgrana i monti
e li trasforma in sabbia
forse non serve perpetuare i canti
cercando l’erba in fondo al mare i giorni
scompariranno e il fuoco
dominerà sereno
dolce è il suono dell’acqua e della morte
sacrificato il figlio
inutilmente
cercatore di suoni e di colori
l’ascensione suprema
non servirà – quel nome
resterà oscuro e muto
Ho lanciato i miei suoni senza volto
contro il cielo e discendono
come stelle cadenti
la mia mano dolente e tormentata
nasce fiume e torrente
e muove i tasti e lentamente annega
deliranti corolle
immagino e roveti
e colonne di luce per ferire
gli occhi grigi di un dio
spigoli del diamante
che tagli l’infinito
pastori di serpenti
aggregano dolori
e ne traggono eventi
con gli occhi spalancati nella sera
frughiamo nel canneto
cercando un’impossibile salvezza
Па́вел – Па́вел falciato nella neve
mentre cercavi il vero
contro il potere oscuro delle cose
nell’isola lontana
non hai capito il solco disperato
della mia folle strada
che sarebbe svanita molto prima
che il mondo vomitasse intolleranza
e seppellisse i sogni tra le zolle
irrorate di sangue
troppo presto il serpente ha divorato
l’erba del verde mare
La mia fiamma è arrivata
e il sogno tutto addensa
per fuggire dal nulla
da questo nulla che ci avvolge lento
e fabbrica legami
che un inutile lampo ci rivela
Cosa mi provo a dire
qui nel presente eterno?
Non ho strade frementi da seguire
dai contorni di febbre niente luci
e siamo soli immensamente soli
finché esistiamo
Rari nantes (18-08-2014)
Rari nantes volando contro vento
nel canto già preteriti divora
il sole ineluttabili bracciate
che calpestano tenebre limose
nei dissolti incantesimi di fiume
soli natando in gurgite casto
s’insinuano creando laboriosi
vortici di stupore e di bellezza
l’armonia nel diverso la locura
che diventa esperienza e cognizione
il corpo è nudo il volto senza veli
la speranza motore e senza freni
la volontà di vivere e sognare
una corsia di luci e un largo approdo
costellato di petali di rose
Forme (13-07-2013)
Eserciti di scimmie e cold turkeys
non possono negarlo: il nostro mondo
nasce dal caso e l’uomo non è il primo
disse l’arabo pazzo in quel di Providence
mentre stilava a mente
le regole dei morti ad abitare
le rocce e le savane
mentre qualcuno pensa l’indicibile
e l’impensabile a gravitare immenso
oltre ogni velo oltre ogni confine
sulle falene morte a mezzogiorno
audace splende il sole
carbonizzando scorze
intrise di maestrale
risvegliarsi al graffiante
ululare dei lupi
e affrontare il ceruleo
ossessivo rigurgito
del comune convergere le cose
trasmutarsi nel gioco di un procedere
inevitabile
le delicate forme
ingannano la storia e la bellezza
garantisce gli aneliti la vita
che insegue il suo crepuscolo
non si capisce come
né dove disperato l’orizzonte
si nasconda e precipiti
di forze sconosciute investigate
prima che morte sopraggiunga
prima che il denso prato delle stelle
ricominci a tremare
e tutto si dissolva
non filtrano le luci
addormentate in un’oscura pace
soltanto nel silenzio vola il suono
delle forme lontane
impensate e vibranti
eternamente fuse e zampillanti
come fontane assurde e portentose
di un miracolo assiduo
che invoca spettatori
Memorie (26-01-2014)
Come negare il vento
e le stelle
e la quiete
anche se non la vedi
rifiutare la sete
la ribellione cupa
la malata stagione
di chi vive e chi muore?
Ogni dolore è inciso
nella scorza del tempo
nella pelle dei giorni
non si può cancellare
ma chi rivede i segni
sulle pagine lente
ricorda anche per quelli
che non hanno memoria
Déchirures (19-02-2013)
Déchirures [lacerazioni]
Toile ou velours [tela o velluto]
lips bloody lips [labbra sanguinanti labbra
alourdissants [che appesantiscono]
sehr geschlossenen Träume [i sogni più chiusi]
A shocking caterpillar [un impressionante caterpillar]
seen in the sky [visto nel cielo]
inclinato scosceso
sur des régards endormis [su sguardi addormentati]
appesantito
par très lourdes pensées [da pensieri assai gravosi]
mélancolie parfois [malinconia talvolta]
ormeggio d’acque cupe
e curve lune
je me souviens des cris [mi ricordo dei gridi]
des oiseaux de lumière [degli uccelli di luce]
a sitting pale [un palo che si erge]
empoisonné [avvelenato]
five-six-seven [cinque-sei-sette]
Sento che qualcosa si sta rompendo – nel mio mondo – in modo casuale – immagini fioriscono – e ricordi di luoghi – e pensieri – e oggetti – di vari spazi
Disagio
cinque-sei-sette versi
Ma il gioco potrebbe continuare – troppo pesante per essere pensato.
Troppe voci e richiami – nelle lingue che ho amato
che rivestono i sogni
Altre vite e persone che mi hanno avviluppato
di sorrisi e parole
finestre vuote e nere
inerpicate
sopra volti malsani
di case abbandonate
Il y a trop de lumière [C’è troppa luce]
je ne peux pas dormir [non riesco a dormire]
five-six-seven steps [5-6-7 passi]
un cutxo que lladra [un cane che abbaia] [cutxo=cane in dialetto catalano di Alghero]
al costat del jardí [accanto al giardino]
Semi (14-02-2013)
E stiamo qui ad attendere l’aurora
a collocare semi
in solchi avvelenati
a illuderci di vita
trascorrere larvale
nell’acqua gelida
a catturare petali
falene abbandonate
Anche l’ombra sospira
richiami acuminati
che la pelle assapora e s’incatena
a un torbido sognare
Non c’è tregua nei sogni non c’è pace
solo una corsa cieca e dissennata
come pietra che scivola sull’acqua
e s’inabissa
Specchio 7-08-2012
Uscire
virare verso nuove fonti
rinascere – avvizzisco
nel viola tormentato
un microfono
spento – senza parole
senza musica o suono
qualcosa giace senza far rumore
non riconosco
inesistente quasi
appena
immagine
uno specchio invecchiato
non mi parla – confonde
residui di pensiero
perché
perché
perché
non so ancora morire
Al Parco delle cave 9-02-2013
Fa freddo e un vento spira
che l’acqua raggrinzisce
il sole è un’illusione
al Parco delle cave
colori dell’inverno
tingono
stranamente
erbe cielo e sentieri
gente cammina in fretta
qualcuno in bicicletta
si muove per andare
mentre il cervello pensa per pensare
qualcuno si è stancato
orizzontali
lamine
sconosciuti animali in lento volo
portare a spasso il cane
annusando il respiro
della vita accerchiata
da case in lontananza
di un mondo divorato
incautamente
pare un sogno anzi un incubo sottile
popolato di mostri da mirare
diffusamente immersi
e rauco un gallo canta
a Cascina Linterno
ad Infernum
lontano
poggiati a pelo d’acqua
coccodrilli di legno
a incuriosire i bimbi
che sorridono ancora
finché non giunge il tempo per capire
che solo questo è il mondo che ci resta
Trieste, marzo 2013
Spicchi di vento e cielo
vive fontane d’aria
bagnati di cristallo
che pungente ci penetra e s’insinua
Ci si arroventa al sole
al Caffè degli specchi
Tanti cani un po’ tristi – stralunati
trasportati al passeggio nella vecchia
via di Cavana
Trieste sospirata e abbandonata
dimenticata
periferia d’imperi
sguardo chiaro nell’alba
e luce nella sera
stellante e favolosa
sconosciuta
incredibile sogno di gabbiani
e nubi così lievi
come vele perdute
sulla carta stagnola che si snoda
attorno con un brivido d’azzurro
Canti per le confuse stagioni
Canto d’autunno (9-10-2011)
Quanti piccoli uomini
Quante piccole donne con scarpe troppo grandi
con troppo amore con troppa incoscienza
con troppa immodestia
Un velo nero già ricopre i sogni
inconsapevoli
Qualcosa forse sta cambiando e il cielo
è meno assurdamente azzurro e vuoto
Forse qualcuno guarda
o qualcosa attraverso oscure nubi
forse è solo illusione o derisione
Chi ci ha lasciato soli
a scommettere i giorni con i dadi
di un’acuta speranza
liscia e tagliente urlata come freccia
a un incerto futuro?
Così trascorre il tempo in quest’autunno
di vibranti dilemmi di catene
imposte o immaginate di teoremi
che si sciolgono al fuoco
e lentamente calano
pervadendo la sabbia
Canzone d’inverno (31-10-2012)
A volte restano
spicchi di luna tristi
e una ragazza che cammina in fretta
perché la strada è buia
Non si trova il congegno
che risolva l’enigma
come combattere il cancro con la chitarra
o la follia col terrore
e non si sa che fare
quando la morte semina i suoi frutti
le sue foglie di polvere
quando la rabbia avanza
senza motivo
senza più tregua
il destino che batte ad ogni porta
senza pianti né risi indifferente
svuota le strade vomita rifiuti
e lento nulla addensa
Eppure il sogno sfugge
e incoerente sorride
come se il vento più non raggelasse
ogni gioia e il terreno inaridito
non soffocasse i semi
strade senza cartelli
si perdono dovunque
qualcuno segue il fiume
che scorre verso il sole ormai lontano
che ha smesso di bruciare
qualcuno lentamente in bicicletta
si ostina contro vento
qualcuno guarda l’acqua
– ma quanto è lenta a scendere la luna! –
e alla luce indecisa
sposta le pietre e i ciottoli silenti
forse cerca qualcosa
poi torna indietro solo le zanzare
resistono nel buio
Canto di fine inverno 19-02-2013
Rumori densi giungono dal fronte
della strada scoscesi
unidentified
mentre le voci note
si aggrovigliano instabili
Lasciaci lavorare ragazzino
ti potremmo insegnare tante cose
che mai potrai sapere
e nemmeno sperare
di conoscere
democrazia democrazia
oppio nuovo dei popoli
lasciaci lavorare non capisci
perché discuti cose che non sai
ti riavvolgi nei sogni
lanci parole al vento
uno starnuto
uno sguardo sui tetti
meteoriti che piovono
inaspettati
sugli abitanti attoniti
col naso al cielo
Strane voci paure
di nuovi modi e tempi
lo streaming di un filmato
non pervenuto
attese
inutilmente spese
banda larga salvifica
divoreremo immagini e parole
suoni di burro e salvia colorati
di verde cotto e strombi
acculturati
penetrati di luce
Qualcosa sta cambiando
ma non sappiamo come
né dove non sappiamo non sappiamo
incoscienti e ignoranti
decisioni
promesse
decisioni
disperate lavoro insufficiente
dentro il mercato
niente
come sotto il vestito
che non copre l’angoscia
Qualcosa sta cambiando
ma non saranno gemme
e l’edera non muore né attecchisce
rimane là in attesa fuori
nel terrazzino
con il freddo che stinge
la volontà l’amore
l’amore stesso per la vita
innocente indecente inadeguata
violino senza musica
candela senza fiamma
Immaginare stelle sotto il lento
incedere di brume
prima che si sprigioni il forte vento
non tutti sanno spesso un dolce inganno
li precipita come un sordo sasso
nell’acqua scura
non di tutti è il sapere e la coscienza
è una dura conquista
Lasciaci costruire
non conosci le regole
gli strumenti
ti abbiamo
inondato di fiabe
Non puoi giocare
il gioco è riservato
ai tesserati
I requisiti i meriti acquisiti
noi soli valutiamo
la grazia la sapienza la ragione
nel prato del successo noi cogliamo
invisibili fiori
Canto di primavera (6-3-2012)
Occhi – occhi – occhi scoscesi a celebrare
bertovelli che filtrano le acque
ancorati al respiro della terra
e delusi dal vuoto che si svela
Oggi si ride francamente al vento
garriscono colori e il chiaro esplode
in frammenti di fremiti ammaliati
da insospettati abissi di dolcezza
Da dove giunge il suono incatenato
dei numeri segreti dove arriva
senza coscienza il volto dei piaceri
che riemergono all’aria nel curvarsi
occiduo dei pensieri un nuovo tempo
forse propone volti e desideri
dove il nulla danzava dove il sogno
già si spegneva e subentrava un cupo
aleggiare di fiati e di tormenti
Riposano sigilli e ceralacche
nell’angoscia del tempo nuovi fumi
rivelano camini e fuochi antichi
Gli uomini stanno attoniti umiliati dal fluire di tanta bellezza si riversano per le strade a berne il [ travalicante potere ammaliati estenuati
La loro miseria si tinge d’aurora l’inganno di trilli di perla
Desiderio rapito in un cristallo sfuggente e viperino
diventa carne e sangue gemma e fiele e fuoco
il porco che gradì le margarite
mangiatore di frutti sconosciuti
profanatore di vergini
colpevole
colpevole
appeso ad una quercia ad osservare
la propria morte
bocche – bocche – bocche che tempestano l’aria
e il fumo che si leva dalle pietre
e diventa uragano
giacevi fatto a brani e seminato – disseminato
l’amore ti raccoglie e ti rigenera
sacrificale vittima a te stesso
germogli al buio
esplodendo tra i gigli a primavera
tu farfalla assassina dal ruggito di tigre
perennemente in cerca di un diluvio
che lavi le tue macchie
e stinga il nero pece dei tuoi occhi
e dissolva lo zolfo
Canto di fine estate (30 agosto – 6 settembre 2009)
Quante volte dovrò ritornare esitante sui miei passi
ora che il tempo chiude i varchi inconsueti e inarrestabili
e nemmeno una nube affanna il cielo troppo quieto e azzurro
troppa luce ferisce non mi lascia pensare impaurisce
i miei gesti segreti di ferite mi cingo e porgo fiori
davanti alle macerie come schermo per proteggere il mondo che mi resta
e che si perde nella luce greve e impietosa che mostra i liquami del tempo
è duro il passo di chi non ha appreso a veleggiare sull’onda setosa dei cieli
si è fermato distratto ad ascoltare i suoni accesi della vita e a un tratto
si ritrova sul ciglio di una strada che si torce e scompare inghiottita dal centro del mondo
non lo salva la docile barriera delle umili dolcezze non la mano
che ha toccato la notte nella rugiada appena scesa e fresca
in questa cupa quiete mi ferisce l’orrore della vita
un ingorgo di fuoco che ha illusioni di dolci primavere
oh dio crudele cruel amusement [crudele divertimento]
quale triste sciagura si nasconde nel tuo freddo sorriso
je ne sais pas oublier je ne sais pas oublier le châtiment
d’etre plongé innocent entre les feux du désir et de la mort
où se repand l’azur ton effrayant azur des cloches mortes
[ trad: non so dimenticare non so dimenticare il castigo / d’essere immerso incolpevole tra i fuochi del desiderio e della morte / dove si diffonde l’azzurro il tuo spaventoso azzurro delle campane morte]
ho cavalcato terre e ho visto angeli che uccidono
con la troppa bellezza che si offrono inermi e angosciosi
ma il loro canto attosca e il loro sguardo incendia la tua carne
felice chi riposa entro mura di pietra addormentate
e non conosce il volto e non ascolta il canto dei sublimi
tormentosi richiami cui solo riposo è la morte
quanti indagano strade alternative e verso nuovi valichi
s’indirizzano a schiere dimenticando i prati e le sorgenti
della terra natale s’affrettano e i raggi cavalcano
di lucenti comete su rudi ghiacciai si affaticano
a un passo dall’aurora ma il sole bramato non sorge
si attarda nel sonno riverbera freddi lucori
si perde nel cielo nascosto dai detriti delle stelle
ora cammino e scelgo la strada consapevole e costante
che non dona sollievo ma un gelido soffio di vento
oscura i pensieri seguendo il mutevole cenno
dell’incertezza che muove rompendo gli ormeggi sull’onda
e accosta e beccheggia incoerente a nuovi porti a nuove alture in cima
mentre la terra attende il navigante dei remoti flutti
lui dall’albero cade e non ritorna
spezza l’inganno rifiuta la parte in commedia
del marinaio appesantito che artrite e ricordi devastano
colmo di salde immagini di oscurità nutrito e di uragani
quasi perverso ma ingenuo cantore di folgori
e di donne forgiate dal fuoco lussurioso della notte
dolce commedia ma pur sempre umana
e finta com’è spesso finto il nostro amare il nostro lavorare
l’unico vero è il dolore la sofferenza dell’imperfezione
la malattia la morte la rabida fame d’abisso
perdenti deliri perdenti le assonnate distese in cui si smorza
il passo oscuro viviamo una vita di tenebra
e lentamente andiamo senza arrivare ad una vetta andiamo
dove si spegne il fuoco del pensiero
quasi in sogno ascoltiamo gli strani suoni di strumenti amari
il mare dei vascelli perduti ci trascina mutevole coi venti
fuori rotta e si avventa verso sponde lontane e scivolose
se ci arrendiamo stanchi di tormenti e di notti senza luna
si tramuta in laguna dove avvolti a una bricola i ricordi
poi svaniscono piano come svanisce il sole dell’estate
In ogni goccia (4-08-2012)
Là si è aperta una porta
fugace
perduto
pulviscolo
un passo
timidamente
oltre
oltre la verità
non di luce né ombre
liberamente
esistere
tremendo luogo
ovunque
è perpetuo ruotare
lì mi espando – diffuso
io puro desiderio
quasi stella – universo
quasi fiore dischiuso
la parola dilaga
oscillando
si leva
liquida appartenenza
e stupore infinito
dolceapprodo – laguna
del ricordo discreto
nebuloso e disperso
Senza timore irrompe
si fa lava e torrente
si fa guizzo e materia
ύλη confusa e insofferente
dominio e libertà
dove il pensiero nasce
esplodendo
si ferma
in ogni goccia
Ragni e moscerini (10-11-2012)
Ineffabile
dipanarsi di moire
discese – niente freni – solo cubi
di Rubik negli assorti
o improvvisi crepuscoli
Che strano ritrovarsi di domenica
lungo un naviglio dove a stento passa
l’automobile sporca
c’è tanto sole e nuvole
e lamine di cielo
E cosa fare in questo strano mondo
rivestito di lastre e di mattoni
dove la terra affiora clandestina
o la trovi nei vasi
come un reperto
Chiedersi come e quando
e perché nero un ragno si acquattava
sul formaggio nel frigo
un ragnetto incoerente
venuto su dal nulla
Voglia di esplodere
di qualcosa di grande anche di morte
tutto pur di travolgere
questo minuto volito
da moscerini
Basta – chiudo la porta
Canzone a Pan (23-11-2011)
L’iride brilla tra le chiazze impure
calando i prati dentro gabbie mute
mentre il terrore incombe del meriggio
Eccomi – Pan – di amanti senza patria
portati da catene di parole
non è più tempo più non si sdipana
il groviglio dei segni
il tormento dei sensi
Non ha più senso il rauco spumeggiare
tra le corvette il saltellio di merli
e gazze l’infinito immaginato
e il finito presente
Raggelato mi stendo in una luce
che non dà pace in una selva rude
che la tempesta ignora
nemmeno una parola
esce dalle mie labbra
Non c’è fiamma ripenso non c’è fiamma
né carta da bruciare
e anche il vento è cessato all’improvviso
Ho scoperto la ninfa
che si ammirava curva sullo stagno
perfette le sue spalle e i suoi capelli
incorniciano il tempo
chiuso e spento nel freddo della gora
che ha un chiarore di luna
ora che è ferma e più non corre l’acqua
ad avviare il mulino
Ma se il turbine torna e ricomincia
il raggrinzarsi della luce crolla
il cielo e palpitando l’emozione
riproduce l’angoscia
Il metallo riemerge da ogni stelo
e ogni fiore trasuda idrocarburi
mentre appassisce e muore
L’universo così rivive e scorre
ad ogni morte stritolando sogni
e le piccole zolle in cui si ostina
la vita a germogliare sono fumo
di un labirinto eterno
Feux d’artifice (4-12-2012)
Feux d’artifice [fuochi d’artificio]
pour la fête de qui ? [per la festa di chi ? La schiavitù forse]
L’esclavage peut-être
un mondo di plastica molle
e angoscia vera
no escapeway sir [nessuna via di fuga, signore]
feux d’artifice [fuochi d’artificio / sulla riva del lago]
à la rive du lac
figlio di questa angosciosa incertezza
getti d’acqua beffardamente spruzzati
accecato dai suoni
favolosi nel cranio
che battono veloci
e furiosi ti assalgono
cerchi una via di fuga
luci – morti improvvise e improvvide
introvabili storie
indicibili musiche
scardinate violenze
inerpicate
e tuffate nel cogito
disseminate e perse
senza pudore
abbandonati – sogna
non cercare – rinuncia alle parole
il futuro ti perde ed il presente
non si ferma a guardare
nella notte abbagliata
tra i rami uccelli cantano
all’alba finta
helpless – disperato
inibito – fiaccato
solo dinanzi ai fuochi del potere
ai miti ai giochi
frastornato – incantato
invogliato alla resa
anche i sogni ora espongono
bianchi vessilli ed anche la bellezza
si rivela ingannevole
come una fiaba
First white flowers came (gennaio-febbraio 2010)
First white flowers came [Prima vennero fiori bianchi]
All around all around the river [tutt’attorno al fiume]
And then the river sang “you’re mine” [E il fiume cantava “tu sei mia”]
He sang directly into my brain [cantava direttamente dentro il mio cervello]
And I belong to him [e io gli appartenevo]
And all the little things [e ogni piccola cosa]
fell into nothingness [cadde nel nulla]
Prima vennero fiori bianchi lungo le rive del fiume e tutt’attorno all’acqua
Poi il fiume cominciò a cantare direttamente nel mio cervello anzi ero io che cantavo il suo canto
Tu mi appartieni diceva mi appartieni
è l’anima del mondo che richiama
le sue creature dolci emanazioni
dell’infinito et unico universo
E allora i miei piedi si fecero ciottoli le mie mani pagaie che mi aiutavano a traghettare il mio pensare al di là del tempo fuori dall’illusione ingegnosamente elaborata e finemente assecondata
ombre liquide velavano gli occhi e inventavano nebbie
la superficie che il vento increspava e il mio corpo incideva non raccoglieva la luce ma strani riflessi e brillii replicati nell’aria
Né sorrisi né pianti
nella notte soave e melodiosa
occhi grandi nell’acqua che riveste
il battito del tempo
Così tutto ritornava in una levità indifferente e incolore
anche il profumo si perdeva indeciso nell’infinità del silenzio
quasi polvere d’aria
Come diventa tenue
il placato penare
con il bianco e sottile
disperdersi nel tempo
Rinunciare al dolore all’insostenibile fardello di una realtà inverosimile eppure coinvolgente con la sua laboriosa apparenza di verità sensibile che rende l’inganno e solo l’inganno il solo valore la sola ricchezza…
Then bright waves came [Poi arrivarono onde luminose]
All around all around my body [attorno al mio corpo]
And the river sang “you’re mine” [E il fiume cantava “tu sei mia”]
He sang directly into my brain [cantava direttamente dentro il mio cervello]
E il fiume divenne mare e le onde divennero immateriale sognante incertezza che assedia e pervade che appare e scompare come tutto finisce e ritorna inutilmente
inutilmente
Al di là del tempo
Occidente
Occidente (17-02-2012)
Arriva ancora il sole
invade e accende i capannoni vuoti
lo squallido restare le cavità angosciose
irte di vetri rotti
e bagna l’eleganza immotivata
e la pelle stirata delle scimmie
che sospendono il tempo
e infrangono gli specchi alle pareti
della signora di Shangai
Nel bizzarro Occidente fantasma di se stesso
ora non ha bandiere la miseria
che ammira dagli oblò
il lato depravato della vita
depraved side of life
dei nuovi trimalcioni
annaspanti nel miele
ma tutti affonderanno con la nave
senza un grido o un lamento
Non venirmi a cercare
non rimane la neve sopra i tetti
il sole è troppo caldo
troppo dolente il solo
risvegliarsi al mattino
e non sapere dove spinge il vento
che si volge in tempesta
e non sapere dove finge il rauco
e possente richiamo
Non venirmi a cercare
dai lenti prati emergono betulle
a ombreggiare la foce della vita
in un cauto ritrarsi e le falene
inghiottite da secoli di nebbie
sono lontane attese e nel presente
canzoni mai sognate
che riecheggiano lente
in un sordo calare
Non mi potrai trovare
non conosco il mio tempo e la mia gente
non c’è un sorriso noto non c’è un pianto
che ti sappia indicare
né le felici strade
non è qui la salvezza non è questa
la calma riva dove posa il piede
del navigante dove il cielo attende
chi non arriva chi non può arrivare
Oriente (26-02-2012)
Si ristora l’asfalto
bagnato di miserie
e di lame di luna
assunte come pillole
Avanzano i Signori
con le stelle d’Oriente
l’urlo di Chen sulle pietre assordate
Aspettiamo aspettiamo
viva la nuova sintesi
il drago serpeggiante
mette in fuga gli arcangeli
viva la nuova legge
le immotivate sfere
continuano a viaggiare
ogni cosa al suo posto
La corda (4-06-2010)
La corda laterale non sorprende
È garanzia di sale e di sicuro
Avanzare o arretrare nella bolgia
Animata dei cambi non c’è storia
Che si possa falciare avidamente
La terra beve i suoni di torpore
Che addolciscono il fiele incautamente
Il flauto ci ossessiona e ci travolge
L’orrore immacolato dell’assurdo
Non possiamo fuggire se il ventaglio
Dei sensi ci trafigge sconosciuti
A noi stessi e alla ruota dei tormenti
Che il brumoso volere ci destina
Solo la nebbia forse ci protegge
E consente il sorriso senza foglie
Avvolgenti e radici quotidiane
Che sostengono pergole nel buio
Che nemmeno una torcia sa scalfire
Come crollano i sogni e le parole
Illusorie ed incerte! Come il bruco
Veleggia sulla foglia che divora!
Non abbiamo speranze questo mondo
S’inabissa e si perde mentre il sole
Si è risvegliato e brucia ed ogni raggio
Trafigge i miti e sgrana gli universi
Fuggiamo allora e la caverna ancora
Si riempirà di suoni e di sudore
L’illusione di vivere si piega
All’illusione del lavoro al cieco
Camminare di mandrie all’artifizio
Di chi vende impalpabili speranze
Inadeguati troppo inadeguati
Cerchiamo segni e trasmettiamo incanti
Con le parole inutili le tracce
Di ogni vana sapienza i cerchi azzurri
Che l’acqua per un attimo conserva
Labbra (febbraio 2007)
La ragazza spingeva la carrozzina
sul marciapiede
troppo grandi le labbra quasi déguisée
con quelle labbra enormi così sporche
di rosso acceso come vernice rossa
il bambino invisibile o quasi
in quella grigia carrozzina
in una giornata d’inverno
sotto il cielo di Mantova
E più avanti uno grosso forse un viado
con grandi labbra nere coperte da scura
vernice e un giubbone di pelle
copriva un corpo straripante
E c’era ancora il sole
prima dei giorni di nebbia
bagnati di prosecco e di lambrusco
e di risate che coprono tristezze
e fumo steso sul granito rosso
dove cadde distesa
la signora come steli di piante
le sue caviglie piegate sotto il peso
degli anni e della terra
troppo antica e sofferta
La sollevammo a stento
ma il peso della vita non poteva
essere cancellato
Vento senza vele (30 settembre 2008)
Talvolta ascolto un vento senza vele
nella notte levarsi e inutilmente
soffiare sulle rive dove i fiori
s’incurvano sui bordi delle aiuole.
Così canto parole che la nebbia
soffoca e spegne prima che le accolga
chi potrebbe capire e trarne il seme
che in altra terra possa germogliare.
Difficile è sognare quando i sogni
sono luci lontane e quando gli occhi
sono ancora assopiti e tutto il grigio
torpore ancora domina infinito.
Dove un grido non può forse un sorriso
ha il potere del fuoco e del clamore
silenzioso del cielo che trafigge
il liquido segreto della neve.
Questa luce mi abbevera e travolge
anche il freddo settembre ed il sopito
incedere del tempo e dalle rogge
scivola il succo sulla terra lieve.
Dobbiamo andare ancora oltre la brina
dei sentimenti chiusi nelle zolle
di un altro inverno e aprirli come semi
di nuovi fiori accesi in pieno sole.
Eine Reise durch Deutschland (Berlin-Milano, ferragosto 2009)
Costruirò sull’abisso
la mia casa di ciottoli e sabbia
quando il sole sorrisi scateni
troppo in alto e difficile
da sostenere passi e poi si perda
in luminarie inutili e selvagge
mentre l’inferno giù raduni foglie
meravigliose a mucchi
già cadute da tempo
dagli alberi del cielo
Unter den Linden le ragazze ferme
ad acquistare il succo
di arance estive
nel folgorante e cupo
riverbero del sole
lo stesso sole acceso e tormentoso
che quasi acceca
dietro la stanca Brandenburger Tor
nel ferragosto luminoso
che regala calore
Agguati di macerie
nei prati della storia
Ho stretto troppa cenere
Mauermuseum… ferite…
Dio, che voglia di piangere!
E le case rinate come sogni
color pastello sopra i vasti spazi
accanto all’Elba vasto e silenzioso
dove Dresda mirabile viveva
credendosi immortale
Forse è meglio scordare
disperdere i pensieri nel piacere
minuto del presente nell’ardore
rinato della terra
nei boschi interminabili dell’est
sui serpenti d’asfalto
scendo e risalgo dalla selva oscura
e un diluvio di grandine
rammenta che l’inferno
sta sempre ad aspettare
Non dirle mai il tuo amore (2005)
a William Blake
Non dirle mai il tuo amore
perché potrebbe fuggire
dal terrore dei sogni avverati
dalla luce accecante dei fari
scagliati nella notte
come vedesse allo specchio
la sua immagine nuda in pieno sole.
Non potrai respirarla
quando il sole l’avvolge
e sfiorare il suo caldo colore.
Aspetta la luce discreta
di un plenilunio d’agosto
e assorbila dentro di te
in un lento respiro.
Città (16 giugno 2008)
Quasi sognate a stento ricordate
Cagliari bianca e forte dove il sole
s’immerge rosso e il suo colore dona
al dolce fenicottero che vola
placido e basso sulla sua laguna.
E d’improvviso come uccello sfreccia
la casa di Etretat coi suoi riquadri
e le sue scale ardite e quella costa
cosi petrosa con l’aguglia cava
dove il vento incoercibile richiama
l’invincibile Arsenio. Sullo sfondo
ancora lentamente si profila
Amburgo grigia e rossa più elegante
che fredda e doviziosa il lungo bacio
immortalato in una foto persa
come forse l’amore. Teatralmente
Stoccarda circolare e labirintica
laboriosa e gaudente
di rossa birra e di gioiose e laute
Spezialitäten
umorosa di storia e di ricchezza
inesauribile…
Alla fine Venezia
sempre tesa alla morte inevitabile
quando il destino ha scelto e si rivela
perché forse la cosa più serena
è morire alla luce della luna
quando non si sa vivere o resistere
Quest’odore di nord (novembre 2004)
Quest’odore di nord
di navi che cavalcano la bruma
quest’odore di pioggia
infinita e sottile.
Con le mandrie di nuvole a covoni
si dissolve l’aprile
in un battito lieve.
Ma quant’è cupo il battito dei sogni
di alitanti presenze
che con gli occhi non scorgo
o incoercibili assenze
innervate in un gorgo,
disperse in una roggia?
Dilettevole e vile
l’esistenza, di neve
maciullata, di schiuma
imbrattata, di suoni
mescolati e diversi
desolati e dispersi
dentro il vento del nord.
Vuoto (13 giugno 2010)
Talvolta oltre il pacato perpetuarsi
Della materia oltre la calda vena
Della parola in un abisso immenso
Mi sembra di scrutare e lì ricerco
Qualcosa che mi manca che non ruota
Assieme alle galassie che s’inventa
Prima gesto poi morte o indifferenza
In questo grande vuoto m’intravedo
Sconosciuto a me stesso e agli altri sguardi
Che mi sfiorano appena ad altri oggetti
O pensieri rivolti o senza meta
E gli inutili fuochi e le miserie
Di un mondo che si sposta più lontano
Nella mia mente odorano di nebbia
E di equazioni senza soluzione
Qui perduto nel tempo mi rinnego
Se mai mi sono illuso di arrivare
Dove tutto si lega e percepire
I segni dell’assurdo navigare
E dell’assurdo unirsi delle cose
E mentre i suoni muoiono resisto
Perché il mio gioco è vivere e capire
Pasolini (1 ottobre 2008)
Tu, nero seme della terra oscura,
non potevi fermarti in una posa
senza dubbi; inguaribile e sincera
era la tua terrosa nostalgia
di un mondo vero che tra noi non dura,
che nasce sogno e poi si fa poesia.
Quanto poco capisce chi riposa
nel calmo mare di un sereno affetto
e non conosce il turbine che spande
l’inquieta putredine e la morte.
Ma il tuo vagare era forse più grande
così lontano da una dolce sorte.
Cadendo disperato e maledetto
sulla più dura terra e sulla strada
della cupa violenza che dirada
i fili d’erba persi in un cammino
dove troppi calpestano il diverso
fluire e germinare del destino.
La vita passa e il cielo sembra avverso
quando il giorno si scontra con la notte
e un brivido ci coglie, sarà il vento
che forte spira e freddo e controvento
dobbiamo andare al buio e ci consola
solo il ricordo, solo la parola.
Spirali (novembre 2010)
Il regalo venuto dal Giappone
poi scomparso o nascosto
basteranno le pietre nel giaccone
per affondare lentamente? Sola
e accogliente la terra non rifiuta
chi versa il proprio sangue
nell’onda cupa di fluenti argille
lo inghiotte e lo riveste
Forse un cervo brucava forse un genio
folgorava tra il verde
un cupo verde bosco
Tanto gridare tanto ardore al vento
tante lacrime urlate nella storia
non mutano la sorte
Cesare muore e insieme a lui si spezza
la temuta tirannide ma il vento
già raccoglie altri avventi ed altre nubi
già rigonfie di miele e di veleni
lo scaltro Augusto ammassa quante stelle
sul dominio risplendono e il potere
gentilizio s’impone
Oh quant’è dolce al tocco raffinato
genuflettersi e udire vaghe note
e signorili voci
educate e cortesi
Quasi non pare di servire basta
il rispettare leggi e tradizioni
per non cambiare il mondo
Ma il nemico è alle porte sporco e vile
maleolente e sgradevole plebeo
fino al cuore furente e rancoroso
rovescerà le mura
e valanghe di limo insulteranno
le immacolate tuniche
e sopra il tutto sorgeranno templi
di nuove forme e torri e cattedrali
per nuovi miti e sopra nuove antenne
stormi di uccelli poseranno in fuga
verso nuovi orizzonti
Ora immobile e chiara
è l’aria e appena il fumo dei camini
la solca nel nitore delle gocce
appena scese il cielo si riposa
chissà cosa vedranno
gli occhi di un altro tempo
quando saremo quieti
e senza più speranze in una requie
eterna e senza veli
nell’universo assente delle sfere
tutto si sfalda singoli e nazioni
uomini e amebe uccelli e melograni
in eterne spirali
Le ali della noia (1-12-2012)
Le ali della noia sono foglie
le ali della vita sono voglie
le ali delle voglie solo sogni
Il mare non mi basta
ho bisogno di oceani
universi di gocce
testardamente unite
E non parliamo di pioggia
e non parliamo di nebbia
le brouillard [la nebbia / neve / nuvole]
neige
nuages
nuvole
appena
sole
in un giorno intasato
viscido come yogurt
di capra
grame foglie calpestate
nella mota che invischia
giulebbosi residui che l’asfalto
coerentemente scaccia
Le ali delle foglie sono vite
pesantemente assolte ed incartate
legate con lo spago
E non parliamo d’amore che ti affanna
as “a nail in the skull” [come “un chiodo nel cranio” (da W. C. Williams)]
come un torvo malessere
che non risale a galla
senza suggerti il cielo
dal profondo degli occhi
Marciare (16-05-2009)
Non sono qui a giudicare
La sconvolgente miseria
Di un mondo abituato a marciare
E vivendo marcire
Quando l’insicurezza delle menti
El amor brujo
Ci convince a legarci in un plotone
Di persistente inettitudine
Per vaneggiare meglio e in compagnia
E per meglio morire
L’illusione ci appare come specchio
Da attraversare in corsa all’arrembaggio
Di vascelli invisibili perduti nelle brume
Alla ricerca di un segreto bene
Dannato e irraggiungibile
Nessuno ha costruito
Ponti sospesi sugli abissi
Dove i gemiti oscuri dei dispersi
Ci ricordano i limiti del giorno
Non c’è traccia nel vento non c’è traccia
Io non seguo il fetore
Del pensiero bruciante dell’inganno
Seminato anzi tempo ed esaltato
Dalle argute parole che al tempo del fieno
Divorano i corsieri della mente
Nello scosceso andirivieni
dagli esiti insicuri e inadeguati
la paura s’insinua ed ogni lume
diventa fuoco ed ogni oggetto un’arma
sottile che ci offende ed incatena
Ma cos’è mai questo muro di cellule opache
di oblunghe lame che nasconde il sole
e ci spinge nel cavo della notte ?
Non ascoltate adesso non guardate
noi calpestiamo il succo della Terra
con lunghe o brevi marce
cancellateci presto lavate la mente
dall’odio dei ricordi dal freddo scenario
imbevuto del sangue degli uccisi
da parole che fingono parole
Da qualche tempo (30 dicembre 2008)
Da qualche tempo il mondo
lentamente si disfa e tante luci
mi guardano confuse
ché gli occhi chiudo e il buio è la mia pace
non mi stanco di scendere
come un fiocco di neve
verso la terra laboriosa e scura
così apprendo la morte
abbandonando i suoni e le parole
le grida i gesti il lacrimato andare
delle inutili cose
da tormentosi venti trasportate