Competizione

Il pensiero è di stimolo al pensiero; questo consente al dibattito di essere costruttivo; utililizza gli apporti e li perfeziona; non si ha una sintesi, ma una precisazione, un affinamento che non derivano dalla percezione di un’opposizione. Il processo non è il seguente:

A fa un’asserzione, B la contraddice, C cerca di trovare una sintesi; ma:

A fa un’asserzione, B apporta un contributo ed evidenzia criticità e contraddizioni. A e B (o eventualmente C, o in successione o contemporaneamente D,E,F ecc.) analizzano il problema ed elaborano, con successive precisazioni, un’asserzione più soddisfacente. Il modello contributivo, più che quello oppositivo, è quello che più efficacemente consente di progredire nella conoscenza.

Questo modello entra in crisi se A, B e gli altri attori del dibattito hanno una formazione di tipo oppositivo, se intendono il dibattito come lotta: ogni osservazione o precisazione verranno interpretati come critiche e opposizioni. Il prevalere di un’idea differente, proposta da altri, verrà considerato una sconfitta.

Persino nella comunità scientifica, in cui l’attività di collaborazione dovrebbe essere prevalente, è subentrato il principio di valutazione, che ha dato origine a riconoscimenti anche economici. Si incoraggia così lo spirito competitivo, che se spinge ad ottenere risultati in tempi sempre più brevi privilegia la velocità e la superficialità rispetto all’approfondimento, alla completezza e all’affidabilità dei dati.

Purtroppo la convinzione che la lotta, la contrapposizione tra uomini e idee, sia l’unico modo con cui l’umanità e il mondo animale progrediscono è saldamente radicata. Valutare e premiare individui ed équipes significa stimolare la lotta, anche quando non sarebbe opportuno. Sarebbe invece necessario incoraggiare la creatività e la voglia di fare, che sono innate nell’uomo. Creatività e operosità devono essere considerati i veri valori positivi su cui fondare una nuova e diversa società.

Questo non significa che da tutti si debba pretendere il massimo.

L’educazione è la fase più delicata dello sviluppo sociale.

L’errore di fondo dei sistemi educativi è quello di considerare un solo modo di essere e di operare/lavorare come positivo e ogni altro modo di essere e di porsi come negativo.

Non tutti poi sono creativi e operosi. C’è chi ha un comportamento attivo, chi contemplativo; alcuni offrono il meglio di sé in una situazione di competizione, altri invece producono e creano le cose migliori in assenza di competizione. Vi sono persone che lavorano bene in gruppo, altre che fanno un buon lavoro solo se sono lasciate sole e libere di esprimersi, senza essere dirette o indirizzate. L’educazione dovrebbe rispettare queste diversità. Invece, il percorso che si propone è unico. I giovani vengono divisi in gruppi scelti più o meno a caso e vengono inseriti in un contesto competitivo e guidato, in cui la coerenza con le esigenze degli insegnanti e del sistema è premiata con un voto. Chi ha tendenze diverse e abilità differenti da quelle richieste viene punito. Spesso viene punito anche l’eccesso di originalità, viene valutato negativamente chi non ami adeguarsi al gruppo in cui è capitato per caso.

Giunti all’età adulta, i giovani subiscono ulteriori e continue valutazioni. I lavoratori vengono considerati come facenti parte di un insieme in cui tutti sono perennemente in gara. Spesso il voto è sostituito da un corrispettivo in denaro. Che il lavoro sia dipendente o autonomo non ha molta rilevanza. Chi dimostra di essere più abile o chi è più fortunato finisce col guadagnare di più. L’accumulazione di denaro, il vivere da ricchi è il modello di riferimento. Chi non riesce con l’abilità o con vari stratagemmi ad arricchire sarà considerato un “fallito”. L’arricchimento smodato e impudente, anziché essere considerato come fatto moralmente e socialmente deplorevole, è considerato il principale motivo di stima sociale. Un simile modello di realizzazione personale e sociale conduce a una lotta perenne e senza esclusione di colpi, anche proibiti. Pochi riusciranno ad ottenere il successo; per tutti gli altri si spalancano gli abissi dell’insoddisfazione e della depressione. Alcuni reagiscono contro questi eccessi con l’odio e la violenza, tentano la strada del rivolgimento sociale, l’instaurazione di una società rivoluzionaria; ma, appena il nuovo potere si ricostituisce, il modello di sopraffazione sistematica si ripropone e i vertici rivoluzionari ricadono nel desiderio di un potere smisurato

Questo avviene perché essi stessi, i rivoluzionari, sono attratti e condizionati dal quel modello che dovrebbero rifiutare, perché non rifiutano le basi sulle quali quel modello si fonda, cioè lo spirito di competizione e la monetizzazione del predominio. La loro mente continua ad aspirare al possesso della ricchezza e di agi materiali, che consentono di primeggiare sul popolo dei cittadini-sudditi, ai quali si sentono fondamentalmente superiori.

E’ necessario quindi elaborare (o rielaborare) un modello diverso di realizzazione, legato a valori quali la parsimonia, la moderazione, l’onestà, l’onore, la cultura, la stima, l’amicizia. In una società basata su questi valori l’individuo si ritiene realizzato quando fruisce di una sufficiente quantità di beni materiali e quando riesce a convivere in maniera serena con gli altri esseri umani. Il desiderio smodato di potenza e ricchezza, l’aspirazione al dominio materiale e spirituale sugli altri non sono cose ritenute desiderabili, in quanto valutate come alterazioni dell’equilibrio mentale.

Certo in una società come quella attuale, dominata dalla smania di ricchezza e potere, dal mito della crescita economica infinita, dallo sfruttamento intensivo delle risorse, un mondo che abbia come obiettivo la serenità degli uomini e la riduzione della corsa all’accaparramento delle risorse, che sostituisca alla competizione il volontario contributo dei singoli al benessere generale, viene considerato utopia; ma, a ben pensarci, tra breve potrà diventare necessità, per evitare che il modello competitivo-meritocratico conduca l’umanità all’autodistruzione.

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