Lene (Le terme)

bosco

Storia di Lene – Da le terme, cap. III

Il piccolo Benjamin allungava la mano fino alle stelle. Voleva conoscere qualcosa di più grande della nostra squallida vita, qualcosa che nell’universo fosse più grande dell’uomo. Lene con lui sognava e pensava a mondi lontani, a intangibili realtà, dove si potesse agire e pensare fuori della nostra logica. Abitavano vicini e s’incontravano quasi ogni giorno nei giardini delle loro belle abitazioni.
La madre di Lene era fredda e composta. Proveniva dalla Danimarca, dall’isola di Fyn, e vantava nobili origini. Aveva sposato un uomo d’affari tedesco, di bell’aspetto e di solide fortune, che, dopo varie peregrinazioni, aveva stabilito la propria residenza a Stoccarda.
La prima istruzione dei giovani di buona famiglia era spesso affidata a insegnanti privati che seguivano direttamente gli allievi nelle loro case.
Le istitutrici di Lene erano persone comuni ed erano quanto di più classico si potesse immaginare, vere e proprie icone della zitella francofona e di quella anglosassone, esemplari che si pensa di trovare solo nei film o nei romanzi e che invece esistono davvero. Da loro Lene apprese la complessità delle cose, che potevano avere aspetti e nomi diversi. Bad non significava solo bagno ma anche cattivo; perciò usando un’altra lingua si poteva attribuire un significato sinistro alle terme di Bad Cannstatt, come a tutte le terme dei paesi di lingua tedesca.
Benjamin era il terzo figlio di una ricca famiglia ebrea. La sua provenienza etnica e le diverse tradizioni non ostacolarono una profonda amicizia. Gli ostacoli giunsero più tardi, quando i ragazzi iniziarono a frequentare le scuole e a ritrovarsi anche al di fuori degli spazi domestici. L’amicizia tra una giovane germanica e un ebreo era unanimemente malvista. In fondo gli ebrei, con le loro strane tradizioni, i loro misteriosi intrighi, la loro capacità di intrufolarsi in tutte le strutture scientifiche e culturali, la loro mentalità perversa e insubordinata minavano le basi della cultura popolare e dell’economia dello Stato. Molti giovani, e meno giovani, ritenevano giusto difendere una giovane ed esuberante nazione dall’oppressione delle potenze e dai complotti della plutocrazia internazionale dominante, di cui la finanza ebraica era una componente fondamentale. D’altra parte non sarebbe stato giusto recuperare le proprie radici, i miti, le tradizioni germaniche, crollate sotto la spinta delle religioni orientali, come il giudaismo e il cristianesimo, che avevano indebolito dapprima la stessa Roma e poi i guerrieri germanici?
Bisognava spazzare via quegli odiosi omuncoli con le loro stupide tradizioni e il loro cibo kosher, terrorizzarli per farli tornare nel loro schifoso paese e liberarsi dalla loro contaminazione per recuperare la forza originaria degli antichi popoli del Nord. I ragazzi, specialmente quelli non troppo perbene, sostenuti e incoraggiati dagli adulti, cominciarono a riunirsi in bande, che oltre a occuparsi degli svaghi soliti della loro età, come darsele di santa ragione per stabilire chi era il più forte o cercare di far colpo sulle ragazze con atteggiamenti di maschia superiorità, si dedicarono con passione a intimorire e tormentare gli ebrei che gli venivano a tiro.
Una di queste bande scorrazzava spesso nel quartiere in cui abitava Lene e una sera, al tramonto, si mise a seguire la ragazza e il giovane ebreo che stavano tornando a casa dopo una passeggiata. Il capo era un certo Oskar, dal viso rosso e dai capelli castani a spazzola, che doveva essersi infatuato della giovane, che aveva tutte le qualità per attrarre ogni vigoroso ragazzotto del quartiere.
I ragazzacci cominciarono a infastidire i due piccoli amici. Erano grandi e robusti: Lene li conosceva bene, perché spesso le rivolgevano inviti e battute talvolta incomprensibili. Dapprima si limitarono alle parole, invitando la ragazza a fare scelte migliori e a non accontentarsi di accompagnatori ebrei; ma poi dalle parole passarono ai fatti: partirono le prime pietre all’indirizzo di Ben e una di queste colpì alla testa il giovane, che si accasciò senza un grido.
Visto cadere il ragazzo, il gruppo si lasciò trasportare da un più allettante diversivo. Lene era sola e indecisa: voleva fuggire, ma nello stesso tempo desiderava aiutare il suo amico. Così non fece né una cosa né l’altra, o meglio tentò la fuga senza convinzione, e comunque troppo tardi. I ragazzi le corsero dietro, la circondarono e la trascinarono nel vialetto che girava attorno alla chiesa. Lì c’erano dei folti cespugli e non ci passava mai nessuno. Le furono sopra, tenendole immobili le braccia e le gambe. Lene sentiva tante mani fredde che esploravano la sua pelle e arrivavano dappertutto, anche dentro di lei, cercando di obbligarla a provare un piacere che non poteva arrivare. Poi sentì la carne calda e pulsante che cercava di aderire al suo ventre, strusciando su di lei per far esplodere l’eccitazione, ormai incontenibile: quell’incarnazione del diavolo che comanda e agisce senza controllo. Tutti ci provarono, come in un rito, in modo rozzo e inesperto, esecutori di un umido furore che ottenebra ed esalta ed esige immediata e completa soddisfazione.
Sfogato il desiderio, i visi arrossati si allontanarono, allegri e beffardi, come il ruolo esigeva. Lene rimase sola: il cielo profondo e i fili d’erba erano le sole cose reali che percepiva; il resto sembrava solo un sogno.
Reale era la sensazione di bagnato: un bagnato appiccicoso che era diverso dall’umidore che dall’erba stillava sulle sue gambe. A questo si univa un dolore sordo e profondo, provocato dai maldestri tentativi di penetrazione. Quando riuscì a muoversi e a pensare, andò in cerca del suo giovane amico. Lo vide non molto lontano, dove l’aveva visto cadere.
Benjamin era adesso seduto. Con la mano premeva un fazzoletto sulla nuca e il fazzoletto era macchiato di sangue. Lene gli andò incontro e, quasi in stato d’incoscienza, si accomodò vicino a lui.
Rimasero per un po’ in quella posizione, finché per caso passò lì uno dei vicini di Benjamin e si accorse che i ragazzi non avevano un aspetto normale. Avvicinatosi, cercò di capire, senza riuscirci, che cosa fosse successo e aiutò il ferito a raggiungere la sua abitazione. Lene riusciva ormai a camminare e disse che preferiva andare a casa da sola. Ancora incredula e dolorante, come in trance, si spinse fino al cancello della sua villa, percorse la stradina ghiaiosa che conduceva all’ingresso ed entrò in casa. I genitori non c’erano: solo gli occhi sospettosi dei domestici furono testimoni del suo aspetto strano e disordinato, tanto inusuale per una personcina sobria e composta come la giovane padrona; ma non erano abituati a indagare, né a prendersi confidenze.
Lene non dormì quella notte: palpitazioni e brividi scuotevano il suo corpo e la sua mente era piena di pensieri e domande. Perché la gente si riuniva in gruppi e riunendosi si distingueva dagli altri; perché c’erano tedeschi e polacchi, ebrei e cristiani, padroni e servitori? Forse Dio li aveva fatti così, diversi gli uni dagli altri? E perché da questo nascevano guerre e dolori?
Benjamin, arrivato a casa, venne visitato poco dopo dal dottor Schingel, medico di famiglia, che abitava nella stessa strada; curato e incerottato, cercò di dormire, ma dopo un po’ gli venne voglia di vomitare e si alzò dal letto. La testa pulsava e il dolore era diventato insopportabile. Ebbe appena il tempo di entrare nella stanza dei genitori e di proferire qualche parola; poi cadde giù come uno straccio. Fu soccorso e disteso sul letto. Il dottor Schingel venne nuovamente chiamato, ma non poté fare molto; purtroppo le emorragie interne non sono curabili con impacchi e cerotti. Il ragazzo non riprese più conoscenza e morì due giorni dopo.
Lene pianse nella sua camera, di nascosto, per molti giorni. Non sentiva bisogno di uscire, divenne sempre più pallida e magra e venne pertanto riempita di inutili ricostituenti. Alla fine ritrovò il coraggio di uscire e rivedere la chiesa e il viale dove Benjamin era stato colpito. Con gli occhi lucidi si fermò, salì su una delle grandi pietre che stavano ai margini del verde e alzò la mano verso il cielo, dove non si vedevano ancora le stelle. La chiesa, lì dietro, pareva una grigia presenza addormentata e solo qualche passante distratto si muoveva in lontananza. Lene ebbe una chiara coscienza della sua solitudine, che era quella di tutti gli uomini e di tutte le donne.

Informazioni su guido mura

Ho svolto varie attività: insegnante precario di lingua e letteratura italiana all'Università, bibliotecario, insegnante d'informatica, fotografo digitale. Ho pubblicato brevi saggi di letteratura e di varia cultura, in vari libri e riviste. Mi diverto a scrivere e pubblicare testi narrativi e poetici; talvolta compongo musica. Attualmente vivo a Milano. Gestisco il blog guidomura.wordpress.com e https://biblioscalo.wordpress.com/ Biblioscalo è presente anche come gruppo Facebook - Ora mi trovate anche su Facebook, LinkedIn, Instagram, Google+, Pinterest, sul mio canale youtube e sul sito musicale https://guido-mura.jimdosite.com/. Trovate la mia musica su Spotify, Deezer, Youtube e molte altre piattaforme.
Questa voce è stata pubblicata in musica, racconti e contrassegnata con , , , , , , . Contrassegna il permalink.

33 risposte a Lene (Le terme)

  1. deorgreine ha detto:

    Leggendo questo pezzo ho pensato che dovresti pubblicarlo qui e tutto, questo romanzo, perché lo trovo assolutamente godibile e sarebbe un vero peccato se nessuno lo potesse leggere. So che i tuoi rapporti con gli editori non è propriamente facile e ne consoco i motivi, perché ne hai parlato spesso anche nel tuo blog, ma ritengo che in questo caso dovresti passare oltre e pubblicarlo integralmente nel web questo tuo lavoro. Forse perché penso egoisticamente che mi dispiacerebbe non poterlo leggere tutto. Io spero che tu prenda in cosiderazione questa possibilità.

  2. deorgreine ha detto:

    PS: anche il video mi è piaciuto molto; hanno tutti qualcosa di magico i tuoi lavori. Non sono complimenti fatti tanto per fare, ti giuro. Lo penso e mi piace dirlo, altrimenti passerei oltre in silenzio, tu lo sai.

    • guido mura ha detto:

      Il video dovrebbe essere rifatto con mezzi professionali e da esperti più abili di me. In particolare le musiche dei miei video sono ancora molto grezze, minimaliste, praticamente temi non ancora sviluppati, per lo più improvvisati. Spero di fare qualcosa di meglio in seguito, quando conoscerò meglio i prodotti usati e se avrò almeno uno spazio a disposizione.

      • deorgreine ha detto:

        Non me ne intendo molto, ma credo che riuscirai a fare quello che intendi, ne sono certa. Io intanto ti seguo e aspetto che posti altre cose, così potrò dire che agli albori dei tuoi successi, io c’ero!!! 🙂

  3. graziagardenia ha detto:

    Condivido pienamente il pensiero di chi mi precede. Faccio un nuovo tentativo, visto che il mio primo commento è andato perduto. A presto. grazia

  4. cristina bove ha detto:

    è un piacere leggerti.
    fluida la tua scrittura, originale, intrigante.
    spero tu possa pubblicarlo presto, vorrei poterlo leggere di seguito, non a puntate.

    • guido mura ha detto:

      La pubblicazione, Cristina, come sai, non dipende da me. Non ho creato una mia casa editrice. In questo momento sarebbe impensabile, a meno che non si volesse puntare su prodotti banali e di sicuro impatto commerciale. Con i testi che avrei in mente, sia classici che di autori quasi sconosciuti, fallirei in tre mesi. Comunque, come spiegavo prima a Deorgreine, tutta questa produzione non commerciale finirà tutta sul web, prima o poi. Bisognerà rinunciare all’idea della pubblicazione in forma tradizionale, che rimarrà solo per pochi (il classico uno su mille). Per tutti gli altri rimarrà solo la rete.

  5. gelsobianco ha detto:

    Guido, io non ho più parole!
    Tu sai che cosa io pensi.
    Bello molto anche il video!
    Quella donna…
    E’ davvero un piacere leggerti, scoprirti ogni volta.
    Con affetto
    gelsettina

    • guido mura ha detto:

      Nei video, in mancanza di attori, devo arrangiarmi con vecchie foto fatte da me. Non voglio correre il rischio di contestazioni da parte degli immancabili possessori di diritti. Ho trovato una volta perfino un dj olandese che accampava diritti su un mio brano, scritto molto prima della sua compilation. Il colmo per uno che non ha mai usato melodie o armonie create da lui, ma che tenta ugualmente di spillare soldi agli altri. Cerco di stare molto attento sui diritti d’autore. Prima o poi tutti i blogger potrebbero essere denunciati per l’utilizzo di immagini o musiche prese dal web o da youtube e troverebbero anche qualche giudice folle capace di condannarli a pagare decine di migliaia di euro.

      • gelsobianco ha detto:

        Tu corri rischi ben più gravi, Guido! 😉

        Hai ragione, ma sei un po’ tanto catastrofico! 🙂

  6. rossodipersia ha detto:

    Mentre leggevo, pensavo all’urgenza tutta tua di far uscire questa storia dalle dita, alla frenesia a stento controllata dalla tazza di caffè, alle parole che si formano da sole, al tuo bisogno di condurci tra le pagine dei tuoi racconti.
    Mi hai rapita appena sveglia e, credimi, solo un ritmo e un contenuto di questo tipo possono riuscirci.
    Lene è la Diminique Sanda de “Il giardino dei Finzi Contini”.

    • guido mura ha detto:

      Dominique Sanda? Magari! Mi piacerebbe che Le terme venisse interpretato da una giovane attrice che corrispondesse in qualche misura alla Sanda. In realtà, tutte le mie storie nascono da immagini della mente, addirittura da sogni. Il mio, di sogno, sarebbe quello di farle diventare film. Non si sa mai!

  7. wolfghost ha detto:

    Un capitolo splendido pur nella sua tristezza e drammaticità. Har ragione Lene: per quanto possiamo condividere la nostra vita con persone che amiamo, di fronte ad eventi come la morte siamo in definitiva soli.
    P.S.: (ho letto un commento nel quale te ne lamentavi) la musica è splendida invece! Scusa ma… ho avuto perfino dei dubbi che fosse di qualche musicista famoso! 😀

    http://www.wolfghost.com

    • guido mura ha detto:

      Ti ringrazio molto, wolf. Una volta, quando ero musicante in un oscuro gruppo di provincia, sognavo di scrivere colonne sonore. Pensavo a Rota, Lavagnino, Trovajoli, Piero Piccioni. Purtroppo ho scelto strade più sicure, perché non si può fare tutto nella vita. Però ogni tanto la tentazione mi è rimasta. Come tu dovresti sapere bene, il lupo perde il pelo… etc. 😀

  8. gelsobianco ha detto:

    Vuoi cambiare quella tua fotografia?
    Guarda che fa il paio con un’altra che ci ha “terrorizzati” e “divertiti”, trovata in un altro blog, non tuo.
    Beh… Non proprio il paio.
    Impossibile!

    • guido mura ha detto:

      Cambiata, ma non so se sia meglio. E’ che ormai dovrei tornare indietro di qualche anno. Ma poi non ho intenzione di iscrivermi a un concorso di bellezza, né di attirare lettori con le mie sublimi fattezze.

      • gelsobianco ha detto:

        Guido caro, ma non hai una fotografia non così pensierosa?
        Io so che il tuo sorriso è gradevolissimo. 🙂
        Io trovo, poi, che il sorridere sia la nostra più grande arma, anche contro l’avanzare del tempo.
        Un abbraccio
        gelsettina

      • guido mura ha detto:

        Ho fatto un po’ di scatti e ti posso assicurare che quelle sorridenti erano molto peggio. Questa è accettabile, anche se, naturalmente, non può che rappresentare una pallida testimonianza del mio aspetto reale, dato che, come sanno i pochi felici che mi hanno visto, dal vero io sono bellissimo! 😉

      • gelsobianco ha detto:

        Pensa al sorriso di… Tu sai. Non posso fare pubblicità ad un tale spettacolo di grazia e bellezza!
        Pensaci intensamente.
        Ti sentirai bellissimo!

        E, poi, tu lo sei!

        gelsettina

      • gelsobianco ha detto:

        Vai dallo stesso fotografo di… Tu sai bene! 😉
        Quello è abituato ad un tale orrore che deve sistemare, che,vedendo te, ti farà una fotografia che ti assomigli veramente, senza bisogno di ritocchi.
        Hai un sorriso così comunicativo!
        gelsettina

  9. ventisqueras ha detto:

    piacevolmente scorrevole e godibile, il video: una chicca
    solo un mio piccolo pensiero sulla solitudine, per me è solo uno stato d’animo, in effetti può non esistere
    grazie

  10. maria d'ambra ha detto:

    Caro Guido, sappiamo che l’arte di saper scrivere è dono di pochi, tu sei fortunato ad avere questa capacità o forse è un fardello in più da portare, in ogni caso di certo devi scrivere, prima o poi qualcosa si muoverà, ne sono sicura…
    un abbraccio

    • gelsobianco ha detto:

      speriamo in questo, cara maria.
      guido vale veramente.
      un sorriso
      gb

    • guido mura ha detto:

      Ragazze, che qualcosa prima o poi debba muoversi non c’è dubbio. Potrebbe essere un terremoto, oppure i becchini, che prima o poi arriveranno. Gli editori non si muoveranno di certo. Sono interessati solo dalla storia, che si chiedono se sia vendibile o meno, e le mie storie non le ritengono vendibili. Se la storia promette un buon incasso, fanno riscrivere il libro da uno o più editor, che creano anche lo stile dell’autore. Quelli che sanno scrivere, quindi, non fanno gli autori, ma gli editor, e spesso il loro nome non figura nemmeno tra gli autori del libro, anche se oggi si tende a citarli, in seconda pagina. Per questo, l’unico dono riconosciuto oggi è inventare storie interessanti e ben strutturate. La scrittura, lo stile sono elementi secondari e accessori: non portano un libro verso la pubblicazione. Il metro di valutazione dello studioso di letteratura e quello del direttore editoriale sono diversissimi, spesso antitetici.

  11. lillopercaso ha detto:

    Dovresti postare qualche altro stralcio della Casa dove gli angeli cantano. Credimi!

  12. cristina bove ha detto:

    sì, dovrebbe assolutamente muoversi qualcosa.
    la tua scrittura merita, molto di più di sedicenti scrittori che vanno per la maggiore.
    ciao
    cri

    • guido mura ha detto:

      Ciao, Cristina. Che si muova qualcosa è molto difficile. Bisognerà che mi muova io, prima o poi. Gli editori per ora continuano a non rispondere. Le perdite del settore aumentano. Si tengono in piedi solo se hanno dei contributi o se pubblicano a pagamento per università o privati. Con gli stipendi divorati da tasse e tariffe, la gente acquista meno libri, figuriamoci se gli editori rischiano un centesimo sugli autori anzianotti e nemmeno troppo di cassetta 😀

Scrivi una risposta a deorgreine Cancella risposta